Così come la abbiamo percorsa, la via risulta fortemente discontinua. Escludendo L1 che è di fatto parte dell'avvicinamento, L2 presenta due singoli passi di 5a/b raccordati da passeggiata su cenge o tra i cespugli. L3 oppone anch'essa un singolo passo di arrampicata per altro molto facile. L'ultima lunghezza ha solo un breve tratto di placca interessante. In compenso L4 è veramente stupenda per quanto di difficoltà modesta, tanto da fare quasi perdonare il resto. Inoltre la variante di uscita descritta in seguito renderebbe l'ultima lunghezza decisamente più difficile ed interessante.
La via non ha protezioni fisse in loco ad eccezione di un nut incastrato su L2. Le soste possono essere tutte su tronco tranne l'ultima su masso. Friend dallo 0.3 al 2 bd, magari doppi da 0.3 a 1. Roccia ottima, particolarmente piacevole alla vista negli ultimi due tiri.
Giunti alla base dello zoccolo risalirlo per una quarantina di metri tenendosi sulla dx. Un possibile attacco della via di trova su un terrazzino in prossimità di una grossa quercia sormontato da una breve placca appoggiata (30-45 min).
L1: Raggiungere la base vera e propria della parete in prossimità di una spaccatura (punto più debole) e di uno spigoletto. S1 possibile su quercia o friend. Questa lunghezza è salibile slegati senza particolari problemi. (30m – 4a)
L2: Risalire lo spigolo (nut incastrato), e poi seguire la spaccatura che obliqua a dx. Superare un breve risalto fessurato (5b), raggiungendo una placca inclinata. Traversare a dx per una decina di metri, poi risalire per alcuni metri una selva di rododendri fino a raggiungere due solide quercie, dove si può sostare (S2) (25m – 5b).
L3: Proseguire per rododendri ora orizzontali, fino alla base di un diedro. Salire sulla sommità di un blocco, poi traversare a dx, uscendo su un’ampia e comoda cengia, dove si sosta su friend o solido tronco di mugo (S3) (15m – 4a). (A giudicare dallo schizzo di M.Giglio sembra che la via originale prosegua all’interno del diedro anzichè spostarsi a dx sulla cengia – vedi tracciato tratteggiato sulla foto)
L4: Salire in opposizione/incastro l’evidente e sinuosa fessura che solca la bella placca sovrastante la cengia, fino a che questa muore in un diedro infestato di rovi ed erba. Risalirlo alla meglio raggiungendo un’ampia cengia. La possibilità più ovvia di sosta la offre una betulla una decina di metri a sx (S4) (50m – 5a). (Questo spostameno a sx non è contemplato dalla relazione di M.Giglio)
L5: Salire la placca facile ma non proteggibile sovrastante la betulla per 10-15m. Puntare ad un diedro/spaccatura che appare evidentemente come il modo più facile di raggiungere la sommità della parete. Raggiuntala superare ancora un breve risalto guadagnando un’ampia spianata dove si può sostare su un masso appoggiato (S5) (30m – 4a). (Esistono due evidenti alternative di uscita sicuramente più belle e difficili di quella descritta. Tenendosi qualche metro più a dx, al termine della placca ci si imbatte in un tetto e un successivo muretto solcato da due belle fessure, più facile e breve quella di dx, più lunga e difficile quella di sx. E’ molto probabile che la via originale uscisse per una delle due fessure – linea tratteggiata sullo schizzo)
Discesa:
E’ probabilmente possibile scendere a piedi aggirando a dx la parete, oppure in doppia su alberi. Noi abbiamo scelto di utilizzare le calate di Tradimento. Dall’uscita della via spostarsi a sx di 50m, raggiungendo la bella balconata che sormonta il pilastro rosso. Scendere qualche metro su placca appoggiata e reperire su una cengia a dx (faccia a valle) l’ultima sosta (2 spit, cordone e maglia rapida). La calata è tutt’altro che facile data la natura strapiombante del pilastro. Consiglio vivamente di non saltare la prima sosta (comunque non banale da afferrare) e di moschettonare gli spit successivi (buon divertimento). Tre doppie permettono di raggiungere la base della parete.
- Bibliografia:
- Rock Paradise