Dal Rifugio Berni 2541 m si scende (20 m) al ponte sottostante (cartelli indicatori per il Bivacco Seveso e la Capanna Battaglione Ortles), valicato il ponte, si segue brevemente la stradina fino ad incontrare un bivio nei pressi del vecchio rifugio abbandonato, dove trascurando il sentiero di sinistra (segnavia n. 25 e indicazioni per il Bivacco Seveso) si prosegue invece a destra (segnavia n. 42, indicazione per la Capanna Battaglione Ortles) salendo prima un dosso 2637 m) e poi in leggera discesa (65 m) verso sinistra conduce all’inizio della Valle Dosegù.
Il sentiero (segnavia e ometti) ora volge a destra risalendo prima una ripida pietraia che conduce ad dorsale morenica che porta verso la ben visibile fronte del ghiacciaio (Vedretta del Dosegù) che si raggiunge verso sinistra su campi innevati (o pietrame a seconda del periodo) trascurando a destra la diramazione e le tracce che portano alla Capanna Battaglione Ortles. Raggiunta la fronte del ghiacciaio ci si porta sotto la sua evidente seraccata, e il passaggio migliore per superarla è sulla destra verso la parete della Cima Villacorna.
Salendo al meglio sulla destra (attenzione se trovate questo tratto in ghiaccio vivo) si risale la seraccata sul bordo e al di fuori dei grandi crepacci, raggiungendo un ampio pianoro glaciale. Si prosegue ora con percorso evidente verso una sella posta tra la Cima Dosegù (a sinistra) e la Punta San Matteo (a destra) sempre ben visibile, tenendosi non lontani dalla cresta del Monte Mantello.
Arrivando alla base della sella, si deve superare un pendio abbastanza ripido, dove la traccia sale da destra verso sinistra, si supera la crepaccia terminale e si raggiunge la selletta posta a quota 3550 m. Si sale ora lungo il filo della cresta NO fino a raggiungere un piccolo gendarme roccioso che si può risalire direttamente (passaggi di II, roccia abbastanza solida) oppure aggirarlo sulla destra su neve ripida (fix a inizio traverso) e risalendo poi verso sinistra un breve canalino (45°) fino ad una forcella che riporta sul filo di cresta (se la cresta nevosa è ghiacciata, è sicuramente preferibile e più sicuro scalare il gendarme roccioso). Superare direttamente un saltino roccioso (II, fix, utile anche per la discesa dal canalino se in ghiaccio), o aggirarlo, si raggiunge così finalmente il filo della ripida (40°) cresta nevosa finale, che conduce direttamente alla grande croce metallica posta sulla cima.
In discesa non rimane che seguire a ritroso il percorso e le traccia di salita, con la dovuta attenzione nell’aggiramento del gendarme roccioso e per scendere la seraccata dove termina il ghiacciaio.
Questa montagna è nota anche per motivi storici, nel corso della Prima Guerra Mondiale ci furono aspre battaglie per mantenere le posizioni su questa cima, infatti resti di postazioni e filo spinato testimoniano ancora oggi la durezza di quelle condizioni di vita sul fronte italo-austriaco.
La prima ascensione nota a questa montagna è stata compiuta il 28 giugno 1865 dagli inglesi J.H. Backhouse, G.H. Fox, D.W. Freshfield e F.F. Tuckett con Francois Dévouassoud e Peter Michel per il Ghiacciaio di Dosegù e il versante Ovest, diventata poi la attuale via normale dal Passo del Gavia. Il nome di questa cima venne dato dal noto Julius Payer (primo salitore di molte cime del Gruppo Ortles-Cevedale) quando nel corso della seconda ascensione a questa cima riuscì miracolosamente a cavarsela nonostante una caduta seguita al crollo di una cornice dove stava passando, ed era proprio il giorno di San Matteo sul calendario! Come forma di ringraziamento per essere uscito incolume dalla caduta propose il nome del santo per questa cima.
- Cartografia:
- Tabacco foglio 08 - Ortles-Cevedale - scala 1:25000
- Bibliografia:
- Guida dei Monti d'Italia CAI-TCI Ortles-Cevedale