La via risale due creste di roccia molto discontinue che, dalla piatta sommità di un trapezio di roccia, precipitano sulla riva sx orografica della sottostante forra del rio Carbunea, poco sopra la sua confluenza con il rio Argentea. La combinazione proposta, in particolare, collega la parte iniziale della cresta più occidentale (percorsa da una prima via battezzata “Naste”) con la parte finale di quella più orientale (percorsa da una seconda via battezzata “Lunasi”) in modo tale da ottenere una serie di tiri relativamente più interessante.
Si giunge così alla confluenza tra il rio Carbunea e il rio Argentea (1h/1h30 dal parcheggio).
Dal piccolo fabbricato dell’acquedotto dove attacca la via “Zunino”, s’abbandona il sentiero e si risale la forra del rio Carbunea sempre in riva dx, seguendo la vecchia condotta dell’acqua. Dopo 50 m. circa (e alcuni facili passaggi di arrampicata sui massi del torrente) si risale in riva sx, fino a giungere in vista di una cascata (ometto). Si sale allora verso una fascia di rocce, che si costeggia al meglio sempre verso monte, puntando alla base di un più evidente pilastro, che sporge proprio sopra la cascata (insidioso traverso attrezzato con un cavetto metallico). Alla base del pilastro una targhetta metallica a dx del filo segnala l’attacco della via “Naste” (sosta con spit più eventuale nut).
L1 (25m.)
Si costeggia il pilastro a dx del suo filo per una rampa ascendente, fino alla base di un canalino di rocce erbose (II-III; eventuali nuts e 1 ch. artigianale da rinviare previo inserimento di un cordino). Raggiunto un primo alberello di quercia, il canalino forma due brevi camini paralleli, che conducono ad un secondo alberello e successivo terrazzino di sosta (IV; 2 ch.; sosta su 1 spit da rinforzare con protezioni veloci).
L2 (10m.)
Sfruttando alcune buone lame si supera un bel muretto proprio sopra alla sosta (IV+; 1 pass. da proteggere con friend). Si prosegue quindi su rocce più gradinate, fino a ristabilirsi alla base di un canalino formato da due prue di roccia (II-III; sosta su spuntone).
L1-bis (25m.) (attacco diretto Naste)
A sx della sosta si attacca lo zoccolo del pilastro fin sotto uno sporgente tettino (V; 3 ch.). Collocando un’ancoretta sul margine del tettino, si riesce a rinviare le successive protezioni (A2; 1 spit e 2 ch.); si prosegue quindi obliquando a sx su delicata placca sotto una piccola fascia di strapiombi, fino al suo punto di maggior debolezza, dove si può uscire afferrando buoni appigli (A1; 2 spit e 1 ch.). Dopo essersi ristabiliti su rocce più abbattute, si prosegue verso la sommità del pilastro, fino ad un panoramico terrazzino (IV; 2 ch.; sosta su spit da rinforzare con protezioni veloci).
L2-bis (10m.)
Aggirando al meglio alcuni spuntoni sul filo di cresta, si raggiunge la base del canalino formato dalle due prue di roccia della L3 (II-III; sosta su spuntone).
L3 (15m.) (+ 50m. di trasferimento)
Si risale per rocce friabili ed erbose sulla faccia sx del canalino, fino a raggiungere un’ampia spalla erbosa che si affaccia sulla valletta detritica tra le due creste di roccia percorse dalla via (II-III; sosta su alberi). Si traversa allora la valletta mantenendo la quota (ometto) fino alla base di un massiccio scivolo di roccia, dove un alberello di quercia e alcune piante di erica consentono di sostare, di fronte ad una targhetta metallica che segnala l’attacco della via “Lunasi”.
L4 (30m.)
Lasciato a sx lo scivolo di roccia, si sale per massi, fino a ristabilirsi all’interno di una nicchia (III+, 1 ch.). Dalla nicchia si esce per un breve ma atletico diedro verso dx, che consente di raggiungere lo spigolo della struttura a metà della sua altezza (V, 2 spit). Aggirato lo spigolo, si raggiunge la sommità della struttura, superando alcuni scudi di roccia molto sottili e fragili (IV; 1 clessidra da attrezzare prima di aggirare lo spigolo; sosta su solido albero di quercia).
L5 (30m.)
Per gradoni di roccia erbosa si raggiunge un prima forcella che si riaffaccia sulla valletta (I-II) di qui si riprende a salire leggermente a dx del filo di cresta, sfruttando lame di roccia un po’ erbose, fino ad un terrazzino poco prima di un seconda forcella (III+; diverse possibilità di utilizzare protezioni veloci; sosta da attrezzare su due spit).
L6 (30m.)
L’ultima e più bella parte della cresta si sale poco a sx del filo, in grande esposizione sulla sottostante valletta (III; 1 chiodo). Raggiunto un gradino, occorre vincere un tratto più verticale aggirando un naso di roccia (IV; 2 ch., di cui uno alla base del passaggio che occorre allungare). Con minore difficoltà si supera quindi un ultimo muretto, che conduce sulla piatta sommità della struttura (III; 1 ch. artigianale; sosta su spit da rinforzare con protezioni veloci).
Nota per il rientro: si percorre la piatta e allungata sommità della struttura, rimontando un ultimo risalto, dopo il quale si scende ad un colletto. Si scende quindi verso dx nel bosco per un vago canale, fiancheggiando lo spigolo della struttura (ometto 1). Dopo poco s’incontra una prima vaga traccia che conviene oltrepassare, fino a intercettare il sentiero che sale alla vetta del Monte Rama (ometto 2) per mezzo del quale si ritorna alla confluenza tra il rio Carbunea e il rio Argentea.