A seguito della tempesta "Vaia" del 2018 l'orografia della valle è molto cambiata e le indicazioni per il bivacco Cozzolino non sono più presenti. Sulla strada che conduce a Col di Prà si incontra sulla sinistra, un area Pic Nic con ampio parcheggio, si prosegue si oltrepassa prima "Al rustico" poi la "Baita del Tita" e dopo circa 1,2 km si trova una strada sterrata sulla sinistra (bacheca con indicazioni per i percorsi MTB) che imboccata permette di attraversare il torrente Tegnàs e di parcheggiare in un ampio spazio con dei grossi depositi di legna e di cippato.
Da qui si segue la strada sterrata fino a quando questa piega nettamente dopo sinistra, e dopo circa 100m è possibile trovare un grosso masso bianco sulla destra con una scarpetta abbandonata infilata su di un ramo.
Da qui bisogna infilarsi nel bosco, la traccia è inesistente, soprattutto se è parecchio che non passa gente, ma dopo pochi minuti comincia a migliorare, fino a diventare evidente. La si segue fino ad un canalone detritico, che va attraversato (qualche ometto) per poi risalirne il versante opposto. Qui si trova l'unico cartello per il bivacco Cozzolino rimasto, si segue la traccia che in breve conduce a delle corde fisse, che vanno risalite per continuare fino ad arrivare al cospetto di una parete. Il sentiero prosegue verso sinistra, mentre la via attacca nei pressi di un torrione staccato, in un diedro piuttosto erboso. Freccia rossa alla base del diedro. 1h 15' dalla macchina
1°-2°-3°-4° tiro:
si procede su roccia non sempre solida mista ad erba e pini mughi. Si trovano tutte le soste attrezzate con 2 chiodi uniti da cordone, tranne la S4 che è su radice di mugo. Circa 130 Mt., II, III e IV, 1 solo chiodo di passaggio.
5° tiro:
si sale su sfasciumi obliquando inizialmente a destra e poi a sinistra fin sotto ad una paretina verticale dove si trova la sosta (chiodi).
30 Mt., I.
6° tiro:
si sale la paretina spostandosi, verso la fine, leggermente a destra. Poi per sfasciumi si raggiungono degli spuntoni sui quali attrezzare la sosta. 30 Mt., IV+.
7°-8°-9° tiro:
per rocce rotte e con mughi si sale a sinistra della sosta. Poi si punta ad una grossa conifera ormai secca sulla quale si attrezza la S8. Si continua a seguire le tracce di passaggio obliquando a destra. Sosta da attrezzare (mughi). Circa 150 Mt., III, IV-.
A questo punto ci si può anche slegare e calzare le scarpe. Si passa attraverso i mughi fino al cospetto di una parete (si vede una clessidra con cordino), la si supera seguendo il sentiero verso sinistra. Poi si torna un po’ a destra e, superato un salto roccioso
(3 Mt., III) si arriva sullo spallone coperto da fitti mughi attraverso i quali ci si fa faticosamente largo. Si procede ora sul filo sinistro dello spigolo che forma quasi una cresta fino a quando, abbassandosi un metro, si passa sul suo lato destro (passo esposto ma semplice). Si risale fino ad un terrazzino dove si può attrezzare la sosta (radici di un mugo). Circa 200 Mt., I, II, 1 passo III.
10°-11° tiro:
primi metri in un camino-fessura, poi si obliqua a sinistra fino ad una selletta tornando sul lato sinistro dello spigolo. Si sale per rocce semplici tornando di nuovo sul filo dello spigolo dove si sosta (spuntoni). Circa 80 Mt., IV, III.
12° tiro:
si sale in cima ad un pilastrino e poi si scende dal lato opposto per circa 10-15 Mt. fin nel canale dove si attrezza la sosta. 30 Mt., III.
13° tiro:
ci si porta alla base di una breve paretina appena a destra del filo dello spigolo. Circa 30 Mt., II, I.
14°-15° tiro:
si supera la paretina e subito dopo si obliqua a sinistra. Si riprende a salire in verticale su roccia più scadente che poi migliora nuovamente fino a sostare su mughi non molto lontano dal successivo salto roccioso. Dopo la paretina le difficoltà iniziano progressivamente a calare. Circa 100 Mt., V, IV, III.
16° tiro:
piccolo passo iniziale in strapiombo, poi si traversa a destra circa 5 metri e si riprende a salire obliquando leggermente a sinistra. Sosta da attrezzare (mughi). 40 Mt., 2/3 chiodi, V.
17°-18° tiro:
si punta alla grande cengia soprastante. Inizialmente attraverso mughi e sfasciumi, poi per buona roccia ma mai difficile.
Circa 100 Mt, II, III, IV.
Si giunge così alla cengia con ottimi posti per il bivacco (circa 6 comodi posti, 1770 Mt.). Sopra la cengia lo spigolo s’innalza verso in cielo con un profondo camino dove corre una difficile variante che porta in nome di “Variante dei Triestini”.
Si sale sulle rocce con detriti fin dove la parete dello spigolo torna ad essere molto verticale e sale la Variante dei Triestini. Si traversa a destra in direzione del grande canale, superandone prima un altro più piccolo. Passi non difficili ma esposti e su roccia sporca di detriti. Raggiunto il bordo dello spigolo si sale nel canale un po’ di metri fino a quando si fa ripido e la progressione diventa più difficile. Attrezzare una sosta. Circa 80 Mt. dalla cengia.
19°-20°-21°-22° tiro:
si procede nel canale-rampa stando attenti a non andare troppo a sinistra fino a quando è possibile sostare su una comoda terrazza. Qui il camino-rampa piega decisamente a sinistra verso un’evidente intaglio sul filo dello spigolo. Si sosta (1 chiodo da integrare con friend). Circa 160 Mt., 2 chiodi di passaggio.
23° tiro:
si sale il canale-rampa puntando all’intaglio sul filo dello spigolo. Pochi metri sopra l’intaglio, in una piccola nicchia, si sosta (2 chiodi).
35 Mt., IV, IV+.
24°-25°-26°-27°-28° tiro:
per rocce più semplici, e a tratti molto abbattute, si punta alla base dell’ultimo salto verticale dello spigolo dove corrono i tiri più impegnativi della via. Soste tutte da attrezzare tranne l’ultima. Giunti alla base della parete terminale non si usa la sosta a 2 chiodi posti proprio sul filo dello spigolo, ma si traversa circa 8 metri a destra fino ad una piccola nicchia (3 chiodi).
Circa 180 Mt., dal II al IV+, 2/3 chiodi di passaggio in L28 che risulta il più impegnativo di questi cinque.
29° tiro:
salire lungo la fessura a sinistra della sosta, dopodiché traversare verso destra alla base di un’altra fessura molto verticale che si segue sino al suo termine uscendo su di un pulpito. Allungare bene le protezioni.
50 Mt., IV+ sostenuto, 1 dado incastrato, 1 fettuccia arancione (visibile già nei tiri precedenti), 4/5 chiodi.
30° tiro:
tiro chiave della via. Si è di fronte ad una placca molto compatta sulla quale si notano dei chiodi e cordini per azzeramento… E’ una variante che è meglio non percorrere (come abbiamo invece fatto noi). Dalla sosta ci si sposta a destra aggirando uno spigolino. Qui c’è una fessura-diedro verticale ben chiodata (alcuni chiodi insicuri ed 1 cuneo). Salirla sino a raggiungere la sosta.
30 Mt., V+, VI-, numerosi chiodi.
31° tiro:
si prosegue seguendo la fessura. Dopo aver superato un passo strapiombante si continua ancora in fessura per circa 8-10 metri per uscire poi a sinistra su placca verticale ma ben lavorata. Si raggiunge una piccola cengia sulla quale si sosta (2 chiodi).
30 Mt., IV+, V+, 2 chiodi.
32° tiro:
si traversa pochi metri a destra fino ad imboccare un diedro molto verticale al termine del quali si sosta (2 chiodi).
30 Mt., IV+, 2 chiodi.
33° tiro:
si superano le rocce sulla destra, poi per terreno più semplice si raggiunge una comoda cengia dove si sosta (2 chiodi).
30 Mt., IV, III.
34° tiro:
spostarsi circa 4 metri a destra e salire la fessurina verticale per circa una decina di metri. Poi traversare un paio di metri a destra e vincere lo strapiombino raggiungendo la sosta (2 chiodi+cordone) poco più a destra. 25 Mt., IV+, V, V+, 5/6 chiodi.
35° tiro:
superare la soprastante placchetta strapiombante, poi si entra in un diedro di alcuni metri al termine del quale terminano anche le difficoltà della via. Si obliqua a sinistra fino ad uscire nuovamente sullo spigolo dove si attrezza una sosta (spuntone).
50 Mt., V+, IV, III, 3 chiodi (1 molto insicuro).
Le difficoltà sono terminate e per raggiungere la terrazza detritica sotto la vetta occorre salire circa 150 Mt. di facili ma esposte roccette di II e III. Il percorso non è obbligato, comunque si punta ad oltrepassare il canale dove risulta più comodo e proseguire poi sulle rocce più semplici a sinistra dello stesso. Obliquando poi verso destra si raggiunge la base della terrazza. Continuando verso destra (sempre viso a monte) si raggiunge il bordo della terrazza dove si trovano le indicazioni per il bivacco Biasin (circa 15 minuti) o per la vetta. In entrambe le direzioni dei cavi di ferro facilitano alcuni passaggi. Noi siamo scesi al bivacco dove abbiamo pernottato.
Discesa
Nei pressi del bivacco Biasin s’incontrano delle scritte rosse “Col di Prà”. Questo è un sentiero percorso da qualche cacciatore e si presenta insidioso, scomodo, incerto e molto pericoloso. E’ molto meglio scendere verso il rifugio Scarpa utilizzando la ferrata che corre lungo il canalone che divide l’Agner dal Lastei d’Agner oppure seguire la via Normale. Questi due itinerari hanno la prima parte della discesa in comune. Raggiunto il rifugio si segue il sentiero n. 771 che costeggia la seggiovia e che conduce alla frazione di Fressanè. Da qui camminando lungo strade comunali si scende sino ad Agordo e Taibon, dopodiché si risale la Valle di San Lucano. L’autostop potrebbe esservi notevolmente d’aiuto, ma noi sfortunatamente non siamo riusciti a godere a lungo di tale privilegio e ci siamo percorsi a piedi una quindicina di Km. sui circa 20 totali.
- Bibliografia:
- Paolo Mosca -