- Accesso stradale
- in auto fino al Pian della Mussa
Accesso alla cresta abbastanza articolato: prima la morena da abbandonare abbastanza in alto prima di arrivare al colle per andare a rimontare le pietraie instabili dello zoccolo basale. Queste sono da percorrere verso valle per andare a prendere, facendo una sorta di ‘C’, la risalita verso lo spigolo. La base della via è facile da intercettare grazie alla caratteristica vena di quarzo. Da li si parte per questo viaggio, in un ambiente grandioso di alta montagna. La qualità della roccia in via è variabile ma generalmente buona: testare comunque sempre tutto perché alcuni blocchi, anche grossi, si muovono e delle lame facili da prendere vengono via: comunque siamo sul III e qualche alternativa si trova sempre. La via non è tecnicamente difficile ma è tutta da proteggere ad eccezione delle soste: queste ultime sono ottime sia come attrezzatura che come posizione e comodità (tranne forse una). Solo le ultime due soste sono, facilmente, da attrezzare su spuntoni. Visto il bel lavoro fatto sulle soste della via, forse converrebbe rifare le soste di calata anche sui vari segnali Rey e Baretti al posto di quelle presenti. In via qualche sparuto chiodo c’è ma non bisogna farci troppo affidamento: si integra facilmente con friends fino al 2 BD (noi abbiamo usato una serie completa raddoppiando 2, 1 e 0.75). Cordini o fettucce sicuramente utili e noi ce ne siamo fatti bastare 3 in tutto. Quasi tutti i tiri sono da 50m o poco più: in buona sostanza, anche se non difficile da arrampicare è comunque una via stancante.
Dal segnale Tonini si scende disarrampicando seguendo i bolli rossi della normale che prevede ad un certo punto anche una breve calata in doppia. Poco dopo ci si trova su un colletto tra due canaloni con due possibilità: anche se qualcuno preferisce scendere nel canalone lato francese (privo di neve ad oggi), noi abbiamo seguito la cresta che li separa e porta verso il pianoro sottostante (sempre pietraia). Da qui, con qualche salto si arriva alle pietraie alla base delle Rocce Pareis lato francese…da lì la lunga traversata verso il colle d’Arnas. Neve toccata solo in un paio di punti e poi sotto al colle d’Arnas dove è sicuramente più comodo marciare su quello che rimane del ghiacciaio. Salita al colle faticosa su rocce instabili. Molto meglio sul lato italiano la discesa verso il rifugio, anche se lunga.
Una nota: eravamo partiti con l’intenzione di rientrare per la Balduino. In cima vista la stanchezza abbiamo deciso di lasciar perdere (anche perché l’itinerario era avvolto dalle nebbie) e si è preferito ricorrere alla discesa lungo la normale francese. In fin dei conti, visti i tempi impiegati sulla normale, con un buon riposo in cima forse la Balduino è ancora l’opzione da prediligere…ricordarsi solo dei ramponi per il ghiacciaietto alla base.
Una vera avventura, su una cresta che forse è la più bella che abbia mai fatto: l’avvicinamento, la salita ed il rientro…nulla è regalato ed è veramente una gita di ampio respiro in cui è necessario arrivare bene preparati calibrando opportunamente le forze, anche quelle mentali. La salita è veramente una cosa di altri tempi: 600m in cui le difficoltà tecniche non sono elevate ma la fatica si fa sentire e pure il III può risultare ostico se si è stanchi. In una cordata da 3, come la nostra, è quindi necessario sviluppare un buon affiatamento prima di percorrere un itinerario simile per sapersi sostenere ed aiutare lungo tutto il percorso, rientro incluso…anche questo fa parte dell’avventura.
Dispiace vedere il ghiacciaio della Bessanese ridotto ai minimi termini, così come quello della Ciamarella in lontananza, anche lei impoverita dei pendii glaciali che la caratterizzavano in passato.
Un grazie enorme a Daniele e Giorgio, splendidi compagni d’avventura.
E un ringraziamento speciale va anche al personale del rifugio Gastaldi per la disponibilità e la cortesia dimostrate durante la nostra permanenza…come ha detto qualcuno prima di me, ti fanno veramente sentire accolto.