La roccia è di difficile chiodatura (fessure cieche o troppo larghe) ma ben si presta alla posa di protezioni veloci.
Soste aeree ma relativamente comode, con catene o maillon per eventuali ritirate.
Rientro a piedi sull’opposto versante, per bei campi di roccia scolpita che degradano dolcemente verso la sella di Scala e Pradu.
Si esce allora per vaghe tracce (ometto) e si raggiunge la base del pilastro da dove, con pochi metri di facile arrampicata, si guadagna una cengia di detriti a dx del suo filo, che conduce alla radice di un evidente diedro-camino, chiuso in alto da una grossa pianta di leccio (ometto).
L1 (15m.)
Diedro-camino ben proteggibile con friends (IV e IV+; 2 ch. in uscita, di cui il secondo molto vecchio). Sosta su grossa pianta di leccio, con cordini e maillon di calata.
L2 (25m.)
Muretto e traverso su placche verso dx, per prendere e risalire una bella fessura al margine di un primo scudo di roccia (III poi V+; 2 ch. e 2 spit a sx della fessura). All’uscita breve risalto a dx di una pianta, per guadagnare un più comodo terrazzino (IV+; 1 spit; sosta su catena poco distante da 1 vecchio ch. di sosta).
L3 (15m.)
Pilastrino fessurato proteggibile con friends (IV+). Poi più facile traverso verso dx su esile cengetta, per portarsi sotto una seconda e altrettanto evidente fessura (II e III; Sosta su 3 spit con maillon di calata).
L4 (15m.)
Si sale alla radice della fessura verticale, che si vince con arrampicata breve ma sostenuta (IV poi V+; bella clessidra alla radice della fessura; poi 2 ch., di cui il primo molto vecchio, e 1 spit a sx della fessura). All’uscita si prosegue verso un più alto terrazzino, a dx del margine affilato di alcuni scudi di roccia (II/III; sosta su catena).
L5 (20m.)
Con faticosa arrampicata (sfruttando al meglio sia il margine affilato degli scudi di roccia, sia la profonda fessura dove è possibile incastrarsi, sia alcuni buchi a dx della stessa) si raggiunge un terrazzino a dx di un canale con alberello, sormontato da una ripida paretina (V; 1 ch. + 1 primo spit allungato con cordino a dx della fessura; 1 secondo spit al centro della soprastante ripida paretina). Il ripido muretto si vince sfruttando il margine del canale, per poi proseguire su rocce gradinate fino a un terrazzino a sx di un secondo alberello (V poi III; 1 ch.; sosta su albero).
L6 (20m.)
Si segue un diedro-canale sopra la sosta, che poi si biforca (IV; 1 spit a sx). Proseguendo nel ramo di dx, si raggiunge la sommità di un blocco staccato e, infine, una cresta di rocce alla sommità del pilastro, che forma una specie di ante-cima. La cresta si segue facilmente verso monte, fino ad intercettare l’uscita del ramo sx del diedro-canale, dove si sosta (II e III; sosta su catena).
L7 (50m.)
Ripresa la cresta sommitale, si scende ad una vaga selletta, da dove si riprende a salire su rocce più compatte ma sempre ben articolate, fino al termine della parete, dove lo sguardo spazia sull’intera conca del Supramonte (II e III; sosta fra i massi della cima su 1 ch. molto vecchio, da rinforzare con protezioni veloci).
Successivamente, sono stati aggiunti alcuni spit alle soste, e pochi altri nei tiri più difficili, che incidono appena sull’ingaggio complessivo della via, soprattutto se non si possiede un buon margine sul grado e/o una buona capacità di integrare le protezioni.
- Bibliografia:
- A. Gogna, Mezzogiorno di pietra, pag. 28