Fatta la variante Chaud alla prima punta: 3/4 tiri di corda sul IV/IV+, si arriva in cima alla prima punta e da qui si scende al colletto (disarrampicando o con una breve calata) e si attacca la traversata classica. L’attacco è nel punto più basso della cresta (rocce rotte inzialmente) o meglio un po’ più in alto sul versante est della stessa, in corrispondenza di un camino. L’itinerario si svolge su diedri e camini, un passo delicato in alto, dove si raggiunge la cima aggirando degli strapiombi; qualche chiodo in loco, necessari friends, fettucce e cordini, soste da attrezzare su spuntoni o con friends. Nel complesso bella variante, più gratificante dell’attacco normale alla traversata che è la sua prosecuzione naturale.
Tra il secondo e il terzo dente ho sbagliato e ho traversato troppo in piena parete est, superando delle ripide placche, attratto dal luccichio di un chiodo (messo lì da qualche disperato). Il risultato è stato che ci siamo ritrovati appesi in due su un chiodo di dubbia tenuta e anziché tornare indietro ho scalato un diedro sulla verticale del chiodo (passo direi di 6a su roccia cattiva e con protezioni aleatorie… avevo le mutande piene!) e in seguito un camino (5b/c), fino a ritrovarci in cima alla quarta punta. Da qui tutto bene, avremmo voluto scalare gli altri 3 denti ma viste le varianti che mi sono inventato era tardi e dalla breccia tra punta 6 e 7 siamo scesi con tre calate e poi via alla macchina.
Con Sara: arrivati la sera prima e dormito all’invernale del refuge du glacier blanc, dove abbiamo incontrato niente meno che il mitico Pschitt, leggenda degli Ecrins! Il giorno dopo adrenalina pura (o meglio, come mettere il culo nei calci a gratis) e vista stupenda sulla nord della Barre e sul Pelvoux.