- Accesso stradale
- Lasciare l'auto alle Foppe dopo i Resinelli e proseguire a piedi l'avvicinamento
Prima volta che scrivo qualcosa su Gulliver, davvero sento che sia necessario dire la mia – almeno per dare qualche dritta ai futuri ripetitori visto che ci sono poche relazioni in rete e sono abbastanza vaghe.
Dopo un sabato passato su alcune molto frequentate classiche dei Magnaghi con il socio Michele, e dopo una dormita sotto le stelle ai Resinelli, volevo aggiungere al fine settimana la giusta dose di avventura e wow, devo dire che questa via è andata ben oltre – in tutti i sensi.
Compagno di questa ravanata colossale, il buon Emanuele. Ma bando alle ciance, partiamo dall’avvicinamento.
Noi abbiamo lasciato l’auto alle Foppe e dal sentiero che sale verso il Rosalba abbiamo preso lo svincolo per il Torrione Costanza/Mongolfiera/punta Giulia.
Prima di continuare, mi sento già di sconsigliare questa scelta ai prossimi ripetitori. Meglio proseguire verso il Rosalba e a una certa tagliare per prati ripidi verso la vecchia teleferica prendendo il nuovo sentiero tracciato da Saverio de Toffol e Jorge Palacios per le vie della ovest del Costanza. È molto più sicuro, e seguendolo si raggiunge la forcella tra Costanza e Mongolfiera affrontando pericoli oggettivi decisamente ridotti, questo sempre in confronto alla salita del Canalone del Diavolo.
Comunque, tornando al nostro sentiero, da subito questo si è mostrato poco battuto, irto e molto ripido lateralmente – in poche parole: una vera giungla! Fino al Canale del Diavolo si procede abbastanza serenamente sempre facendo attenzione a dove si mettono i piedi – perché per tutto il tempo, tanto è il verdurame, quasi non si riesce a vederli, e scivolare giù per i prati è abbastanza facile.
Raggiunto il Canalone di seguono gli ometti e si procede un po’ dentro e un po’ fuori tenendo la traccia e assolutamente cercando il facile. Ancora una volta bisogna fare molta attenzione perché bisogna fare passi su erboni espostissimi e verticali che regalerebbero in caso di scivolata un volo di 10m almeno dentro al canale. Più si procede nel Canale e più diventa ripido.
Le relazioni che avevamo parlavano di “piccoli passi di arrampicata”, niente di più lontano dalla realtà. Si arrampica per davvero e dal II si va al III grado molto rapidamente, e ancora una volta su erboni molto scivolosi e roccia dubbia. Noi abbiamo fatto un tiro di 60m per tutta parte finale del Canalone sostando su uno spuntone abbastanza dubbio appena sotto i prati verticali tra Costanza e Mongolfiera. Appena sotto abbiamo trovato anche uno spit di calata e risalito dei camini che, garantito, per noi erano di III grado almeno.
Credo sia importante per i ripetitori sapere in cosa ci si va a cacciare. L’avvicinamento da questo lato non è banale, e ancora quindi lo sconsiglio perché oggettivamente pericoloso.
Appena fuori di lì occhio ancora perché i prati sono veramente ripidi e una scivolata può avere conseguenze drammatiche.
Si raggiunge l’attacco della via tagliando oltre la targhetta che si vede affissa alla parete a sinistra, su una cengia abbastanza precaria con all’estremo lato sinistro verso lo spigolo un fittone. Dal fittone parte la Via. Ci abbiamo messo 3 ore sin qui, contando anche il tiro sotto che ci ha sicuramente rallentati.
1° tiro: si sale su rocce abbastanza rotte e delicate obliquando a sinistra verso lo spigolo trovando sotto una spaccatura l’unico chiodo del tiro, di circa 90 anni, ma molto buono. Si risale la spaccatura abbastanza verticalmente, e la si protegge agevolmente con cordini su spuntoni uscendo su erboni verticali ai due fittoni si sosta. Direi che IV/IV+ ci può stare – circa 25/30m
2°tiro: si continua salendo brevissimamente a destra per spostarsi subito a sinistra abbastanza logicamente sulla verticale con breve traverso, incontrando il primo fittone su un tiro della via. Da lì dritti aggirando uno strapiombo a sinistra e uscendo ancora una volta su erboni (buoni, e abbastanza pestati, ma improteggibili) fino alla sosta sulla verticale. Personalmente l’ho trovato un bel tiro, e la roccia qui è già migliore rispetto al primo. Valutazione della difficoltà del tiro condivisa, circa sul IV/IV+ – 25m
3°tiro: si comincia un lungo traverso ascendente verso destra, su roccia direi abbastanza delicata e non proprio buona integrando quando possibile su fessure decenti. Si raggiunge un fittone appena dopo un tratto di traverso delicato per via della roccia. Da lì ancora in obliquo a destra e poi sinistra su facili erboni gradinati fino a prendere il camino creato dalla lamona enorme e staccata dalla parete. Il camino è facile fino a circa metà, dove si riesce a mettere un ultimo friend in una fessurina molto in basso a destra vicino a un masso incastrato sul fondo (che tra un po’ viene giù…), dopo risulta improteggibile e liscio e da risalire schiena al muro abbastanza faticosamente e fisicamente. L’abbiamo trovato leggermente umido nonostante la giornata fosse molto calda e dopo un periodo secco senza piogge. Qualche provvidenziale tacchetta a sinistra aiuta a venirne fuori. Direi IV+ all’inizio, poi III e ancora III+/IV+ il camino.
4°tiro: ed ecco che bisogna risalire l’evidentissima fessura strapiombante sulla parete gialla. Noi siamo passati in artif con una staffa. Abbiamo trovato quasi tutti i chiodi abbastanza buoni anche se alcuni veramente vecchi (ancora alcuni circa 90 anni). A smorzare un po’ la tensione c’è qualche ottimo resinato per fortuna. Di tanto in tanto abbiamo trovato i chiodi un poco più lontani e per progredire in artif qualche nut grosso o friend ha aiutato. È A1. In libera deve essere un tiro bello atroce, che cuore che ci vuole. Volevo provarlo ma da sotto ho capito che non era cosa, e ho confermato il pregiudizio in uscita, in libera veramente tosta e abbastanza scivolosa. Sosta abbastanza scomoda e aggettante.
5°tiro: da lì si esce a sinistra in esposizione totale su muro di roccia fotonica nera e leggermente strapiombante. Primi passi abbastanza ostici e fisici, poi suggerisco di continuare circa un metro e mezzo a sinistra del primo evidente fittone seguendo una grossa fessura sopra una manigliona ottima, senza uscire subito a destra dove le difficoltà si farebbero subito maggiori. Si trovano procedendo in questa direzione alcuni chiodi. Continuando per fessure e con arrampicata abbastanza tecnica si procede in verticale e leggermente si obliqua a destra dove si trova un ultimo fittone e, circa una decina di metri sopra o forse un po’ meno, con un passo duro si esce dalle difficoltà su roccia pessima e da valutare, superando fisicamente uno svasone a lato di una fessura/buco grossa con un piccolo sasso incastrato al vertice. Da lì si obliqua un po’ a sinistra dove si trova una sosta che noi abbiamo utilizzato per spezzare il tirone evitando attriti. Tutto sommato è un tiro ben proteggibile. Non è però per niente banale e scontato e va assolutamente integrato. Secondo me e un signor V+ di antica concezione, molto dolomitico e fisico. Un classico tiro Cassin direi. Credo di aver superato vari passetti di VI o poco più, tra cui l’ultimo passaggio prima di uscire dalle difficoltà – non banale davvero. 30-35m direi
6°tiro: semplice e chiaro, III grado, si esce per percorso non obbligato in vetta trovando il fittone in direzione ovest con scritta arancione “discesa” da cui recuperare il secondo. Qui era posto il vecchio littorio. Un 20-25m di tiro
Per la discesa si seguono gli evidenti bolli arancioni verso nord ovest. Dal fittone su menzionato si disarrampica assicurati con un mezzo barcaiolo per il canale molto esposto (suggerisco di mettere qualche protezione per il secondo) reperendo l’ottima sosta posta circa a destra del canale con sguardo in discesa rivolto verso la Mongolfiera.
3 calate verticalissime da 25m, accorpabili a piacere, fino alla forcella tra Costanza e Mongolfiera dove si vede l’invitante e bel sentiero (dopo l’avvicinamento per il canalone del Diavolo la sua sola vista vi scalda il cuore) per le vie della ovest.
Dove aver recuperato in modo rocambolesco lo zaino all’attacco della via assicurando il socio Ema in discesa sugli erboni verticali con mezzo barcaiolo da un albero sotto la forcella, siamo scesi proprio da quel sentiero.
Per tracce si arriva ad un canale esposto dove ci siamo calati da una clessidra con una corda fissa attaccata per circa 60m fino al suo termine. Da lì fine delle difficoltà per bel sentiero tracciato ottimamente e si esce per prati ripidi sul sentiero dei Morti appena sotto il Rosalba.
Salita epica. Durata molto più di quanto avevamo preventivato. Ti lascia sempre sul chi va là, non è la solita Grignetta. Una via di tutto rispetto; completa e molto varia come promettevano le relazioni. Anche l’avvicinamento e la discesa non sono scontati. Ci vuole intuito e attenzione sempre.
Una bella domenica di avventura vera, in un ambiente severo e isolato. In alcuni momenti ci si sente davvero soli, minuscoli e schiacciati dall’ambiente maestoso che lì circonda nel confronto con la montagna.
Grazie al buon Ema che ha assecondato con entusiasmo questa mi voglia un po’ matta.
Come sempre Alè Gandüla de Varès