La nostra opinione è che il recente restyling NON abbia banalizzato la via: chi ha richiodato conosceva perfettamente l’ itinerario classico e malgrado gli spit, l’ impegno complessivo ci sembra mantenuto.
Avevamo percorso la Ottoz-Hurzeler nella seconda metà degli anni 90 e continuiamo a pensare che, ancora oggi, spit o non spit, sia una via di un certo ingaggio che necessita di consuetudine alle salite in montagna.
Note:
– alcuni friends possono essere utili (quelli usati: BD n. 1, 0,75, 0,50 e 0).
– Il 6° tiro (traverso ascendente vs destra) può essere spezzato per evitare fastidiosi attriti di corda mediante un ottima sosta di altra via che incrocia la Ottoz.
– Le soste sono ottime ed è possibile scendere in doppia lungo la via. Secondo noi è sconsigliabile: molto probabili gli incastri di corda per l’ articolazione dell’ itinerario.
– Siamo scesi sulla normale senza picca e ramponi, uno di noi aveva pedule basse. Dalla breche ci si abbassa, disarrampicando e per cengia, di una sessantina di metri, si individua facilmente una sosta nuova (Raumer) e da qui con 5 calate da 30 m si accede ad un primo nevaio (l’ ultima calata è posta all’ uscita di una sorta di diedro/imbuto ed è preferibile farla di 60 m). Il nevaio è dapprima verticale poi più appogiato. Dove il nevaio spiana, va cercata, faccia rivolta a valle verso destra, un’ ulteriore sosta (ometto). Un’ ultima calata da 60 m conduce ad un secondo nevaio e da qui con facile percorso si perviene al Monzino.
Un ringraziamento ai rifugisti per la gentilezza, l’ospitalità e per l’ ottima cena.
Pierfrancesco Brignolo, Giovanni De Rosa