La salita può essere svolta in completa autonomia, quindi senza appoggiarsi ad agenzie locali e al pernottamento nei rifugi-container; bisogna però tenere presente in questo caso l'assenza di acqua sicura da bere, ed avere a disposizione una tenda adeguata alla quota e un sacco a pelo altrettanto valido. I viveri possono essere acquistati nei rifugi o presso i container allestiti a mensa.
Se si svolge la salita in autonomia, senza l'utilizzo degli impianti di risalita di Azau, si compie un buon acclimatamento (anche se la salita con zaino pesante si rivela molto faticosa).
Da qui due possibilità:
1) tramite due tronconi di moderna telecabina e uno di una fatiscente seggiovia, si giunge alla quota di 3500 m, dove si prosegue per i caratteristici rifugi a forma di barile;
2) proseguendo con il terzo tronco di moderna telacabina (cabine della POMA) si arriva a quota 3847 dove è presente una caffetteria; pochi metri al di sopra di questa sono presenti dei container adattati a rifugio; questi sono installati dalla quota 3600 fino a circa 4100 m, e sono posti su una dorsale detritica a sinistra del lembo del ghiacciaio che proviene dalla cima est.
Da Azau, si sale con i due tronconi tronconi di cabinovia e con un’ultima seggiovia monoposto un po’ fatiscente, o con i tre tronconi come sopra descritto. Salendo a piedi invece, si devono seguire le stradine che risalgono le piste da sci di questa famosa località sciistica invernale. Conviene compiere due tappe, la prima all’arrivo della cabinovia a circa 3100 m (molti posti per piantare la tenda, e bar di appoggio per i viveri). La seconda tappa è invece nella zona dei rifugi barrels, la cui quota può variare tra i primi a forma di barile limitrofi all’arrivo della seggiovia, oppure agli ultimi rifugi (alcuni di fabbricazione italiana a 4000 m) o ancora agli ultimi container nei pressi del ricostruito Rifugio Priut 4150 m.
Dall’arrivo della seggiovia o ultimo tronco telecabina è possibile il trasporto del materiale tramite gatto delle nevi, fino alla propria sistemazione . Le agenzie russe dispongono dei rifugi nei loro campi, spartani ma confortevoli, e con un container adibito a mensa con tanto di cuoca.
Il giorno di arrivo ai rifugi, nel pomeriggio, si è soliti compiere una prima escursione di acclimatamento salendo di circa 300 m di dislivello.
Il giorno seguente si prosegue con l’acclimatamento, salendo lungo il percorso della via normale per circa 1000 m di dislivello, toccando le cosiddette rocce Pastuchov a 4700 m, che non sono altro che roccette affioranti originate da un’antica colata lavica dal cratere sommitale (sorgono sotto la verticale della cima est).
Il giorno seguente il programma delle agenzie russe prevede riposo, con una piccola ma utile lezione sulla sicurezza e utilizzo del materiale (piccozza, ramponi, corda), ed eventualmente una breve escursione fino a 4100 m.
La notte seguente è quella destinata alla salita in vetta, se il tempo lo consente. E’ possibile partire direttamente a piedi dal proprio campo, oppure utilizzare i gatti delle nevi, che pagando una quota attorno ai 500 euro, possono condurre a 4700 m (Rocce Pastuchov) o addirittura a 5000 m. Se ci si appoggia ad una agenzia russa, sarà la guida a decidere (e imporre) da dove partire (va tenuto presente che i russi non hanno nella propria mentalità lo spirito alpino, quindi spingeranno per l’utilizzo dei gatti).
A seconda quindi del punto di partenza, la salita inizia alle 2 di notte oppure alle 4, con percorso abbastanza diretto si risale il lungo pendio nevoso tra i due bordi morenici, oltrepassando tutti i rifugi, e proseguendo sulla sinistra delle Rocce Pastuchov. Qui si continua a monte, sempre in direzione della cima Est, salendo fino a circa 5100 m, dove inizia un lungo traverso da destra a sinistra, privo di difficoltà e con il tragitto segnalato da paletti rossi (molto utili con nebbia o scarsa visibilità). Il traverso in costante ma leggera ascesa aggira tutto il versante della cima Est, conducendo alla sella tra questa e la Cima Ovest. Ora si deve proseguire a sinistra, con percorso più ripido, iniziando a salire la calotta nevosa della cima ovest. Le pendenze si aggirano sui 30°, ma non ci sono particolari difficoltà. E’ anche possibile passare più in basso aggirando ulteriormente la montagna, con percorso più lungo, per poi affrontare un pendio più direttamente (questa variante non è segnalata da paletti). Si giunge ad una fascia di roccette affioranti, che vanno scavalcate, e ci si porta sul pendio rivolto a sud-ovest, dove occorre compiere un traverso un po’ più impegnativo, ma facilitato dalla presenza di una corda fissa (utile imbrago con longe da ferrata). Al termine della corda fissa, ormai a quota 5580 m, si trova una ampia spianata dove recuperare le forze; da qui si prosegue per un vasto pendio (in caso di nebbia utile gps e i paletti di riferimento) con scarsa pendenza, che conduce alla base dell’ultimo breve strappetto per la vetta. Un brevissimo tratto di cresta nevosa (ampia ma attenzione in caso di vento forte!), permette l’arrivo sull’ampia cima, il tetto d’Europa!
La discesa va percorsa lungo la via di salita, eventualmente se le forze lo permettono (e se la guida russa lo consente) è possibile una volta raggiunta la sella a 5300 m tra le due cime, compiere la salita alla cima Est 5621 m , scarsamente frequentata, ma di non difficile ascesa (pendio piuttosto diretto e moderatamente ripido).