Questo riconoscimento le è stato attribuito per la specificità della sua struttura geologica e per la conseguente spiccata biodiversità sia vegetale che animale. Lo studio delle rocce del parco ha dato un grande contributo alla conoscenza e alla comprensione dei fondali oceanici antichi ed attuali, ha permesso una miglior conoscenza dei processi metamorfici subiti dalle rocce e dei processi di formazione delle Alpi, ha fornito inoltre importanti informazioni sulla natura del mantello terrestre.
Il Canyon della Val Gargassa è scavato nelle “Rocce Verdi” (le Ofioliti), nelle Calcescisti, e nel Conglomerato (le cosiddette Rocce Nere di Rossiglione); che danno al paesaggio una particolare suggestiva bellezza. Il torrente Gargassa, affluente dello Stura (che a sua volta si versa nell’Orba, poi nel Bormida, nel Tanaro e finalmente nel Po) scorre inizialmente tra Rocce Verdi levigate dall’erosione delle sue acque, poi tra scure bastionate di Conglomerati Oligocenici (originatisi circa 35 Milioni di Anni fa). Il colore scuro della roccia dovuto alla natura ofiolitica dei ciottoli che la compongono, favorisce l’assorbimento dei raggi solari, determinando soprattutto nei mesi estivi, temperature del suolo molto elevate, solo piante adattate a climi aridi e che sopportano l’alto contenuto di ferro e magnesio presente nelle ofioliti, sono in grado di vivere in questo ambiente.
La storia geologica della Val Gargassa inizia nel Giurassico ( 192-135 M A) quando dal fondo dell’Oceano Ligure Piemontese, che separava le zolle Africana e Piemontese, è fuoriuscito un magma silicatico, ricco di ferro e magnesio, proveniente dal sottostante mantello. Quando nel Cretaceo (135-65 M A) i due continenti si avvicinarono, questo materiale del mantello, sul quale si erano depositati enormi quantità di sedimenti calcarei, fu trasportato al di sopra della zolla continentale Europea. Avvennero quindi quelle imponenti trasformazioni che portarono al sollevamento delle Alpi e all’affioramento in superficie del materiale del mantello: le rocce verdi ed i basalti. Nell’Oligocene (37-23 M a) un nuovo mare andò ad occupare da nord a sud l’ampio golfo situato dove oggi si trova la pianura padana e andò a lambire le pendici settentrionali delle Alpi appena formate. In questo mare padano chiamato Bacino Terziario Piemontese vennero accumulate gigantesche quantità di detriti: massi, ciottoli, sabbie, marne, limi, argille, provenienti dall’erosione del versante settentrionale delle Alpi, Le lagune, le paludi, le fosse vennero riempite progressivamente da questi sedimenti che si depositarono periodicamente a strati, anche di grande spessore. I sedimenti grossolani, i ciottoli, di origine principalmente serpentinitica e basaltica, venero sobbalzati, trasportati depositati in modo veramente violento e furono poi cementati da elementi più fini: sabbie, marne, limi ed argille. Poi il Mare Padano cominciò a ritirarsi per l’innalzamento progressivo del fondo e tutto il versante subì l’erosione da parte delle acque di scorrimento e degli agenti atmosferici; si originarono così gole, strettoie e strane forme rocciose di cui sono un esempio, lungo il Gargassa, la roccia detta Muso del Gatto e quella del Balcone della Signora.
Il sentiero parte dal campo sportivo di Rossiglione e attraversa un bosco misto di castagni e noccioli. Avvicinandoci poi al rio Gargassa, che ora scorre tra serpentiniti, si può osservare una differente vegetazione tra i due versanti, il versante più fresco, a sinistra, è ricoperto da un bosco misto di latifoglie, mentre, a destra, si trova una vegetazione più rada con pini ed eriche.
Proseguendo il cammino, la valle si restringe ed il sentiero prosegue in alcuni tratti su facili roccette. Più a monte affiora il conglomerato oligocenico nel quale il corso d’acqua ha scavato la propria valle, su di essi si prosegue ai piedi della falesia, per scendere al rio Gargassa in corrispondenza della strettoia detta Muso del Gatto.
Attraversato il Rio si percorre in saliscendi un bosco di querce e castagni fino ad attraversare di nuovo il corso d’acqua con un altro guado, dopodiché si risale al pianoro al margine del quale si trova il nucleo, ormai in rovina, della borgata Vereira (m 448).
L’ampio prato ospitava un tempo le colture che garantivano il sostentamento delle famiglie che vi abitavano. Proseguendo si raggiunge in breve tempo una sorgente di acqua sulfurea.
Ritornati alle case Vereira si risale il crinale fino alle Rocche dei Corvi (m 580), si attraversa un bosco di pini marittimi e pini neri e si incontra poi il caratteristico Balcone della Signora. Si raggiunge quindi uno sterrato che porta all’agriturismo Monterosso e da qui si ritorna alla partenza.