Marmolada, Punta d’Ombretta – Cosa di Rondine/Schwalbenschwanz

Marmolada, Punta d’Ombretta – Cosa di Rondine/Schwalbenschwanz
La gita
enricotom
5 28/08/2015

La via si distingue in tre parti con caratteristiche molto diverse. La prima sale alcuni tiri in comune alla Don Quixotte per staccarsene seguendo il diedro camino verso gli evidenti soffitti che si superano per il caratteristico pertugio (percorribile senza problemi, levandosi lo zaino); raggiunta così la cengia mediana si sale in parete aperta la placconata con una successione di tiri favolosi. La parte finale sale un lungo e profondo camino viscido e in alcuni tratti molto ostico. Se questo tratto fa scadere eleganza e bellezza complessive della salita ne accresce invece l’impegno alpinistico. La via è nettamente più impegnativa della vicina don Quixotte per le difficoltà di orientamento, la scarsa chiodatura e l’uscita malagevole.
La prima parte è discretamente chiodata e ben proteggibile, decisamente ‘veloce’. Più rari i chiodi della seconda parte e spesso sono scarse le possibilità di integrare le protezioni. Non sempre la linea logica di salita è evidente e alcune varianti corrono più o meno parallele, con difficoltà presumibilmente simili. Noi dovremmo aver salito la variante Mariacher, in alcuni punti abbiamo notato dei chiodi su una linea più a destra della nostra (presumibilmente, l’originale).
Parte alta, dalla cengia:
1) Dall’uscita della parte bassa si sale verso la parte superiore puntando alla colata nera che incide le placche sulla destra del pilastro. Noi abbiamo attaccato in corrispondenza di una zona di roccette nere. Si parte da un terrazzino rialzato rispetto alla cengia che si trova proprio sotto una grossa colata nera visibile nella parte alta della parete (circa 30 metri sopra la testa, in piena placca). Alzandosi su un pilastrino di roccia fragile si guadagna un diedro con un esile fessura (roccia ancora friabile) da percorrere per pochi metri fino a raggiungere una sorta di cengia che si segue verso sinistra lieve ascesa andando a sostare su ch e sasso incastrato sotto un evidente diedro svasato chiuso in alto (10/15m a sx del terrazzino di partenza).
2) Si sale il diedro per circa 30-35m ( chiodi, possibile sosta su masso incastrato e cordino). Dalla sosta intermedia ci si alza con passo delicato e poco proteggibile fino a trovarsi sotto una incombente nicchia, a questo punto è possibile proteggersi (chiodo nella fessura interna al diedro) e raggiungere la sosta uscendo dal diedro sulla destra con passo atletico su buchi in placca. Tiro lungo, 45/50m, 5+/6
3) Dalla sosta ci si alza verso sinistra puntando ad un chiodo sotto un tettino, sempre verso sinistra fino ad una splendida rigola che si risale (5+) fino alla sosta a sx. Tiro breve, 15/20 m, conviene forse spezzare il precedente unendolo a questo.
4) Dalla sosta dritti per diedro accennato che obliqua verso destra fino ad un chiodo. Di lì verso destra fino ad una zona di placche che si risale incontrando una bella clessidra. Da questa ci siamo tenuti verso un diedrino accennato formato da un pilastrino sulla sinistra della zona di placche (proteggibile con fr. Piccoli); da ultimo verso destra con un passo non facile ed obbligato (5) si superano delle rigole andando poi alla sosta su una grossa clessidra con fettuccia appena a sinistra. Tiro lungo, 50/55m.
5) Dalla sosta ci si dirige verso sinistra incontrando un chiodo ed un kevlar in clessidra. Alzarsi con passo deciso (6a) verso destra, incontrando poi una sosta intermedia. Da questa in obliquo verso sinistra (allungare bene i chiodi di sosta, pena forti attriti) verso 3 chiodi (passaggi difficili, 6a) su una lama svasa rovescia. Per una facile rampa (ch) si giunge in sosta (scomoda, 2 ch). 50m. Questo tiro presenta forse nella nostra interpretazione i passaggi tecnicamente più difficili della salita (almeno 6a gradi Marmolada, ma è anche più chiodato).
6) Dalla sosta si sale appena verso destra verso due chiodi, uno con cordino. Prima verso destra, poi verso sinistra senza molte possibilità di protezione si arriva ad una zona con bellissime rigole (possibile sosta intermedia); si salgono le rigole con passaggi splendidi (5+) fino alla sosta su 3 ch sotto ad una fascia di tettini.
7) Dalla sosta si va facilmente verso destra per qualche metro ad un chiodo arancione alla base di un diedrino (roccia dubbia, attenzione) poi più facilmente verso i camini terminali.
I camini terminali si possono percorrere in 5/6 tiri di cui almeno un paio davvero ostici per la roccia viscida e la scalata interna e sgradevole. La guida di Giordani dà 4, noi ci siamo impegnati a fondo. Si è rivelato molto utile il camalot 3. Mi limito a consigliare di intraprendere la salita dopo almeno una settimana di tempo bello.
Discesa: dalla forcella dove esce la via (sosta di calata) si scende verso il ghiacciaio con altre due doppie (tre in tutto) che si incontrano prima a destra e poi a sinistra della grossa spaccatura dove ci si cala. Viste le pessime condizioni del ghiacciaio abbiamo attrezzato un’ulteriore doppia da 60 m precisi (due chiodi con cordino e maglia rapida) che ci ha portati al camminamento interno al crepaccio (calarsi con attenzione verso destra, faccia a monte, nodi in fondo alle corde). Di qui una doppia su un enorme clessidra di ghiaccio ci ha riportati al pianoro dopo i crepacci.

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