Assieme all’inossidabile Sax decido di riprendere le attività dopo essermi fratturato il dito medio della mano destra, a fine luglio; niente di meglio che ritornare a Foresto, una delle ferrate più affascinanti che io conosca. La novità è la pressoché mancanza d’acqua nel torrente, che ci permette a più riprese di scendere sul greto per ammirare il lavoro d’erosione sui banchi di marmo. Anche l’assenza del consueto rumoreggiare delle acque conferisce all’ambiente un’atmosfera diversa dal solito, enfatizzata dalla totale assenza di altri ferratisti (fatto curioso, visto anche il clima gradevolissimo). Una volta arrivati sopra l’ultima cascata – là dove la ferrata risale il versante sinistro della forra – decidiamo di risalire per quanto possibile il Rocciamelone e scopriamo che la gola prosegue in un ambiente spettacolare, tra continue cascatelle e marmitte dei giganti. Ci ferma solo la mancanza di chiodi e martello (la corda è sempre nello zaino), indispensabili a un certo punto per la risalita di un’ennesima cascata. Se la secca continuerà, penso che torneremo per concludere l’esplorazione. Concludiamo la ferrata e trascorriamo il resto del pomeriggio al Climbing caffé di Caprie, facendo un po’ di bouldering; a fine giornata ho la mano gonfia, i tendini che tirano, ma il morale alle stelle. Peccato solo aver perso due mesi… e oggi non aver avuto un macchina fotografica con noi 🙁
Considerazione tecnica finale: grazie anche all’inconsueto silenzio nella gola, abbiamo distintamente sentito cadere due sassi lungo il percorso. Inoltre, erano più che evidenti i numerosi segni lasciati dalla recente caduta di altri bolidi sulle rocce e persino sui ferri. Questo per dire che la Ferrata di Foresto andrebbe assolutamente affrontata muniti del casco.