Benchè l'obbligatorio non sia apparentemente elevato non bisogna sottovalutarne l'impegno alpinistico. In tutta la via si contano circa 15 chiodi (soste comprese), molti dei quali poco affidabili, e non sempre si riescono a piazzare buone protezioni; anche l'allestimento delle soste richiede la giusta attenzione.
Il passo artificiale A2 citato è da considerarsi come artificiale classico: chiodi e cunei, di cui oggi è rimasta poca traccia. Quindi a differenza di altre vie di stampo classico se non si passa in libera ci si deve arrangiare con le proprie protezioni.
Fondamentale una serie di friends (consigliatissimo doppiare dallo 0.75 al 3 BD, per stare tranquilli portare un 4 BD), nuts di varie dimensioni, qualche chiodo e martello. Per l'allestimento delle soste sono comodissime fettucce da 120 cm e qualche cordino.
In caso di doppie necessarie corde da 60 m (vedi termine relazione).
L'attacco è situato in corrispondenza di una grossa nicchia sotto l'evidente diedro, sbarrato in alto da un teto nero, 15 m a sx di "Ge.La.Mo." e 4 m a sx di "Un giorno ti avrò barone rosso" (nuova via). Si può allestire una comoda sosta sfruttando i due chiodi presenti sul lato sx (faccia alla perete) di tale nicchia. 40-50 min dal rif. Bozano.
L1: V+, 30 m. Dalla sosta raggiungere il fondo della nicchia per prendere a sx una lama strapiombante. Ritornare quindi sulla dx per prendere il diedro (qui abbastanza irregolare) vero e proprio: continuare al suo interno fino a sostare in una piccola nicchia sotto un tettino (2 ch. di sosta; distanti, comode fettucce lunghe).
L2:V+/A1 (6b+), 30 m; 3 ch.+4 ch. di sosta (!). Alzarsi 1 m sopra la sosta, possibilità di proteggersi con friend 3 BD. Ritornare decisamente a sx per 3 m, puntando ad un evidente chiodo (poco affidabile). Ribaltarsi su un ballatoio molto inclinato (chiodo discreto) sbarrato da un aggettante tetto. Uscirne a dx (ci si protegge con un ottimo nut medio e un buon chiodo in posto, il quale consente di azzerare il ribaltamento). Fin quì si sono percorsi 8 m di tiro. Proseguire nel diedro, ora più facile fino in sosta: 1 ch. a “u”+ friend 2 BD collocabile 1,5m più in alto, sul fondo del diedro-camino (trascurare i 3 ch. a lama con fettuccia, decisamente brutti).
L3: V+/A2 (6c), 35 m; 1 ch. di progressione. Dalla sosta proseguire dritti verso rocce manigliate ma non solidissime, quindi tenere leggermente la dx per una fessurina. Proseguire nel fondo del diedro, il quale diventa sempre più strapiombante, fino a chiudersi sotto un grande masso nero strapiombante. Superarlo a dx (protezione con friend 3 BD) e ribaltarsi al di sopra. Sostare su un’ottima clessidra formata dal masso stesso con la perete; possibilità di integrare con friends medi sulla sx.
L4: V poi IV+, 40 m. Si prosegue nel diedro ora più abbattuto puntando ad un leggero strapiombo fessurato. Superarlo sfruttando ora la fessura, ora alcune tacche sulla faccia destra del diedro. Continuare fino all’evidente vena di quarzo, nei cui pressi si allestisce la sosta.
L5: IV poi V/A1 (6a), 50 m; 5 ch. di progressione. Superare un grande masso sulla dx per rientrare nel diedro. Proseguire fino ad un primo ribaltamento (2 m sotto a dx lasciato ottimo chiodo a “u”), tale passaggio immette in un altro diedro di 5/6 m chiuso da un tettino più pronunciato. Ribaltarsi per giungere su terreno più facile, in vista dell’ultima placca (visibile chiodo con fettuccia) da superare con bella e tecnica arrampicata (in libera 6a). Ora si intercetta la via De Cessole, la quale con un traverso a dx conduce ad una sosta con 2 spit.
Qui termina la via. Per uscire sul plateau sommitale si può seguire la De Cessole per i restanti 170 m.
Alternativamente è possibile calarsi sulla nuova via “Un giorno ti avrò barone rosso” (info al Bozano). In tal caso sostare sulla sosta a spit di tale via, posta pochi metri sotto quella della De Cessole. Da qui effettuare una prima calata (dritta, no pendoli) da circa 40 m, fino ad una sosta posta su un terrazzino molto inclinato. Quindi un’ultima doppia da 60 m esatti, completamente nel vuoto, porta a terra (diventerebbe complicato riattaccarsi alla parete in caso di corde troppo corte).
Solo nel 2003 è avvenuta la prima ripetizione in libera ad opera di O. Pellegrino e I. Barbarito