Data la ripidezza e i tratti un po’ esposti del tratto fino a Monaviel si consiglia di percorrere l’anello nel senso antiorario descritto.
Dal piazzale proseguire per pochi metri sulla strada asfaltata che continua in discesa e imboccare subito la bella mulattiera che si incontra a sinistra, delimitata da muri a secco. Non vi sono cartelli , ma qualche segnale stinto si trova nei punti critici, e con un minimo di attenzione non si perde mai la traccia. Il sentiero prosegue con moderata salita e qualche saliscendi per lungo tratto verso est, fino a pervenire ad una parte più ripida sottostante il promontorio sopra Monaviel, dove in punta vi è l’ampio prato, chiamato Lou Tèst, visibile da lontano.
La si supera con ardua salita e si perviene al vecchio tasso poco sopra l’abitato . Si svolta a destra e in pochi minuti si è a Monaviel con la sua caratteristica chiesetta bianca. Terminata la visita, si riprende il sentiero che sale, oltrepassa il tasso e attraversa le pendici del Plù, prima con modesta pendenza ( è la vecchia condotta che prelevava l’acqua dal Rio Crosiasse) fino al rio. Da qui il percorso va a sinistra e si fa più ripido, salendo verso il colletto alla destra del Tourn con l’alpe omonima, 1620 m. Si perviene a una carbonaia e dopo poco con un traverso si raggiunge il colletto.
Per raggiungere la cima, poco distante, reperire una traccia poco evidente che dal rudere taglia in diagonale verso destra e raggiunge la piccola vetta . Questo consente di evitare il mare di rododendri che contorna la cima bifida del Tourn 1658 m (gran panorama su tutta la val d’Ala).
Per la discesa, ritornati al colletto, si prosegue sul sentiero che si dirige verso ovest. Si scende prima verso la testata della valle, poi con numerose svolte il sentiero si abbassa con belle vedute sulle vicine Curbassere e in breve raggiunge la frazione Pian Scuro, dove si incontra una sterrata che porta in breve a Pian del Tetto.
Qui dove finisce il sentiero 240 si puo’ imboccare a sinistra il sentiero 239 (palina segnaletica) per l’Alpe Credarian. Con breve percorso si perviene all’Airal du Funtanin, zona in cui vi sono molti massi attrezzati per l’arrampicata. Si continua sul sentiero, ora in discesa, pervenendo con breve cammino al piazzale di partenza, chiudendo così il bell’anello.
Verso il 1300 arrivarono nelle nostre valli alcuni minatori provenienti dal Bergamasco per lo sfruttamento delle molte miniere di ferro avute in concessione dal Marchesato dei Savoia. Fondarono una piccola comunità che più tardi divenne la Borgata di Brachiello, tuttora attiva. Da questa Borgata risalendo a Ovest, verso il Monte Plù (2001 m), trovarono una miniera di argento e pirite. La fatica del lavoro e la necessità fecero loro costruire le prime baite poco più in basso: “Il Monaviel”. Con tanta volontà disboscarono i terreni circostanti e così fiorirono prati, pascoli e molti campi che producevano ottime patate ma soprattutto segale e canapa. Nel 1700 le famiglie che trascorrevano la maggior parte dell’anno al Monaviel erano una decina, in tutto quasi trenta persone. Ben cinque furono i caduti nella Guerra del 1915-18. A quei tempi la gente era molto più semplice e vivendo in stretto contatto con la natura capiva che solo una mente grande come Dio poteva fare cose così belle, perfette e in completa armonia. Nel 1772 costruirono la piccola Cappella dedicata alla Madonna Consolata. Più volte restaurata, è a tutt’oggi in buonissimo stato. La festa si celebra il 20 giugno con la Santa Messa e l’incanto. Costruita sopra un piccolo spiazzo, sembra proteggere le ormai poche case che un po’ più in basso si stringono vicine a quelle diroccate e abbandonate. Di particolare pregio l’antico canale di irrigazione, ormai in parte invaso dalle erbacce, realizzato con ingegno e sacrifici dai montanari, grazie alla costruzione di muri a secco prelevava l’acqua dal Rio Crosiasse per irrigare i prati della borgata per poi ridiscendere alle Frazioni di Chiampernotto e Bracchiello. Sono ancora visibili tracce di vigneti e piante da frutta. Dietro alle case del Monaviel vive una rarissima pianta: il Tasso. Dalle ricerche fatte dovrebbe avere circa 250 anni. E’ una delle piante più longeve e si ritiene che possa vivere oltre 1.000 anni. Nelle nostra valli è forse l’unico esemplare esistente. Come sarà arrivato fin quassù? Le sue bacche sono velenose così come la corteccia e le foglie aghiformi. Nessun animale attacca questo albero. La sua tossicità, in certi casi, può essere mortale. Nel salire fermiamoci un attimo e ritorniamo nel tempo, ormai passato, quando uomini e donne erano attivi e forse più felici. Quando le mucche muggivano al profumo del pascolo fresco e quando alla sera tutti riuniti recitavano il rosario con fede, chiudendo così una lunga e faticosa giornata.
Lia Poma – Camosci bianchi