L1 (30m.)
La via attacca dove il pilastro che delimita la zoccolo, ben marcato e piuttosto aggettante si salda alla parete, formando una specie di diedro-camino, sormontato da un arco di strapiombi. Per rocce un po’ sporche si raggiunge subito un terrazzino con un ceppo di alberi (IV). Evitando di entrare troppo nel camino (fra l’altro occupato da una fastidiosa pianta di fico) si sale la placca abbattuta a dx dello stesso (1 ch.) anche sfruttando il suo margine affilato (IV+) fino al suo termine sotto l’arco di strapiombi (1 clessidra con cordone, buona anche per un’eventuale sosta a metà del tiro).
A questo punto, occorre traversare su placca per aggirare l’arco di strapiombi verso dx (2 ch., IV); uscire in massima esposizione per vincere un muro aggettante e privo di appoggi (2 ch., passaggio chiave, VI+ oppure IV+/A1); e quindi proseguire sulla soprastante rampetta che conduce a un comodo terrazzo con robusto albero di sosta, proprio sotto il filo dello spigolo (IV, fessure un po’ erbose ma buone per friends).
L2 (20m.)
Dal termine della rampetta, parte una prima variante di sinistra (più difficile) che esce ancora in massima esposizione per traversare sopra l’arco di strapiombi, e raggiungere poi la cengia alberata mantenendosi a sx dello spigolo (v. Calcagno-Grillo-Simonetti, “La Pietra del Finale”, pag. 123).
Mantenendosi a dx, invece, si sale al colmo di una cengia terrosa (che poi degrada nel bosco) proprio all’attaccatura del pilastro, dove s’individua un canale-camino un po’ sporco e ingombro di alberelli, che si percorre anche con vigorose trazioni su tronchi e rami (IV e J2 della scala “Jungle”).
Si esce così su un bel ripiano all’estremo della cengia alberata che, pertanto, può essere utilizzata come comoda via di fuga, oppure come ingresso alla via, per chi desidera evitare il passaggio chiave del primo tiro, di gran lunga più difficile del resto della via.
L3 (30m.)
Si rimontano adesso due grossi massi appoggiati al ripiano che formano una specie di camino da salire in spaccata (1 ch.; III). raggiunto un terrazzino terroso alla base dello spigolo (eventuale sosta su alberelli per spezzare il tiro) si attacca una bella placca abbattuta ma molto delicata (1 esile clessidra con cordino; IV+) mantenendosi sempre ben a dx del filo (1 ch. con cordino) fino ad un secondo terrazzino terroso con alberelli, al di sotto di una nicchia rossa, a sua volta sormontata da una pancia di roccia incisa da una fessura verticale un po’ erbosa (2 ch. di sosta con cordone).
L4 (30m.)
Di qui dovrebbe partire una seconda variante di sinistra (anche questa più difficile) che si porta in piena parete traversando oltre il margine dello spigolo, per poi risalire in verticale alla base dei due diedri della L5 (v. Calcagno-Grillo-Simonetti, “La Pietra del Finale”, pag. 126).
Mantenendosi a dx dello spigolo, invece, Si attacca la pancia di roccia puntando alla fessura erbosa che la incide. Per superare il passaggio è meglio salire a dx della fessura, dove la roccia è più lavorata anche se un po’ erbosa; la placca in uscita è comunque avara di appigli, ragion per cui serve una serie di movimenti piuttosto obbligati (V; 1 ch. e possibile friend in fessura).
Superata la soprastante placca (alberelli per eventuale sosta intermedia), si punta adesso a un pilastrino verso sx, proprio sul margine della struttura, che facilmente si rimonta (II e III; 1 passo esposto da proteggere con alberelli o friend) per raggiungere la soprastante cengia ingombra di massi. La cengia prosegue poi in parete oltre lo scheletro di un alberello, assottigliandosi sotto una fascia di tetti, preceduti da due evidenti linee di diedri (1 ch. di sosta da rinforzare con protezioni veloci sullo zoccolo di roccia).
L5 (20m.)
Un’ultima variante segue il diedro di sinistra che, complessivamente, appare più continuo e sostenuto (v. sempre Calcagno-Grillo-Simonetti, “La Pietra del Finale”, pag. 126).
Salendo invece sullo zoccolo di roccia – e traversando nella direzione opposta – ci si ristabilisce sotto uno strapiombetto (III e IV; fessura buona per friend) da dove si raggiunge il diedro di destra (eventuale ulteriore friend nella fessura di fondo del diedro). Quel che resta del diedro si supera uscendo sempre verso dx su placca abbattuta, che poi si risale fino al soprastante ripiano (III e II; sosta su piccoli ma solidi alberelli).
L6 (10m.)
A questo punto lo spigolo oppone un ultimo breve risalto, che si può superare più direttamente senza percorso obbligato, oppure traversando a sx per piccola cengia, al termine della quale si sale un breve ma elegante camino, che già si affaccia sull’impressionante baratro della parete nord (IV).