Dal rifugio Lecco seguire per alcuni minuti il sentiero che si inoltra nel Vallone dei Camosci tenendosi alla destra della pista da sci. Dopo 20 minuti circa si incontra un bivio presso il quale a sinistra si prosegue per lo Zucco di Barbisino dalle Coldere mentre dritto si incontra una scritta, un po' sbiadita, su un grosso masso, che lascia intravedere a fatica la dicitura "sentiero attrezzato Minonzio" .
Si prosegue dunque in questa direzione seguendo i vari segnavia gialli fin sotto la parete rocciosa dove, a destra, si percorre con alcuni passaggi esposti ma di nessuna difficoltà tecnica , una breve cengia che "taglia" verso la base di un evidente canale, alla sinistra del quale si notano alcune catene , che in 20 minuti porta all'intaglio dell'attacco.
E' consigliabile indossare l'imbrago nei pressi della base del canale attrezzato di avvicinamento.
B- Seconda opzione, un po' più lunga ma incommensurabilmente più appagante: dai Piani di Bobbio, lasciando sulla destra il sentiero che sale al rifugio Lecco, prendere il sentiero che sale dapprima ad una malga, in direzione del Vallone dei Mughi e, poco dopo, ad una costruzione dove si trovano alcuni cartelli indicatori, tra i quali quello che si riferisce proprio alla ferrata Mario Minonzio.
Seguire, dunque, l'erto sentiero che, scavato tra roccette , sale le Coldere e, in una mezz'ora circa, porta alla sella posta al di sopra del rifugio Lecco . Da qui, continuando a seguire i non troppi ma sufficienti segnavia, ci si innalza, con un percorso a zig-zag mai difficile, fino alla sommità dello Zucco del Barbisino.
Discesi alcuni metri, sempre su sentiero evidente e con sufficienti segnavia, si oltrepassa un intaglietto attrezzato con catena e, traversando in quota, in circa un'ora e mezzo di stupenda e panoramica camminata di cresta dai Piani di Bobbio, si arriva all'intaglio da dove inizia la via ferrata Mario Minonzio .
Dall’intaglio che segna l’inizio della via ferrata (nessuna targa, solo indicazioni in vernice), si parte in verticale con un primo passaggio su facili roccette ed un secondo più delicato assistiti da un piolo e 2 pedaline metalliche raggiungendo così un esposto traverso che, a sinistra, rapidamente conduce presso un altrettanto esposto e panoramico sentiero.
Si percorre il breve sentiero sul filo di cresta ritrovando la roccia attrezzata con catena e con sviluppo verticale si superano alcune roccette attrezzate con un passaggio un po’ più delicato nella parte alta di queste.
Ci si riporta sul filo di cresta proseguendo in direzione dell’evidente vetta finale, che sembra più vicina di quel che in effetti è, alternando una lunga serie di brevi tratti attrezzati da affrontare anche in discesa.
In effetti qui la Via assume prevalentemente le caratteristiche di un sentiero attrezzato lungo una cresta che sorprende continuamente per l’alternanza di tratti rocciosi ad altri “verdeggianti” con alcuni pinnacoli che ricordano marcatamente l’ambiente dolomitico . Questo lungo e “comodo” trasferimento su cresta termina alla base di una fessura che si allarga a camino fino a portarsi sulla cima di un torrione dal quale si apre un panorama mozzafiato, con viste particolari attraverso una sorta di feritoia del torrione.
La fessura, vista da sotto, sembra ben più ardua ma la paretina attrezzata con sola catena ha buoni appoggi per i piedi e così, in pochi metri, si “sbuca” preso una forcellina dalla quale si scende qualche passo per percorrere una breve cengia rocciosa che segna l’inizio di alcuni tratti in discesa per nulla banali da affrontare con dovuta attenzione come spesso capita arrampicando in discesa od utilizzando la catena piuttosto lasca.
Si inizia con un a fessura-camino di un paio di metri, molto stretta , da affrontare sfruttando la presenza di un piolo ed uno spuntone roccioso centrale, poi una brevissima placchetta, alcune facili roccette ed infine un intaglio di 5-6mt, delicato, da ridiscendere inizialmente lungo lo spigolo destro e poi, nella parte bassa, sfruttando entrami i lati in stile “camino” .
Giunti al fondo della lunga discesa ci si ritrova in mezzo ad una forcellina di fronte alla parete opposta da risalire per raggiungere la parte finale dell’itinerario. Con un passo ci si porta sul lato opposto della forcella. Si risale per un paio di metri in verticale serviti anche da una cambra metallica, si traversa verso destra, con esposizione che si accentua fino a prendere una sorta di scaglia staccata con appoggi ed appigli piccoli ma netti fino ad arrivare ad una scaletta di alcuni metri, che permette di risalire un camino altrimenti ben più difficile.
Alla fine della scaletta, troviamo una cengia abbastanza lunga e molto esposta, ma senza alcuna difficoltà tecnica anche là, dove attualmente -giugno 2015- si trovano alcuni metri con catena interrotta, e che porta alla base dell’ultimo canale-diedro mentre alle nostre spalle è possibile apprezzare parte della cresta fin qui percorsa .
Si “attacca” questo canale-diedro di cui prima e lo si vince dapprima per una fessura un po’ impegnativa e poi per paretina via via più semplice , fino a girare a sinistra attraverso un intaglio e risalire l’ultimo canalino detritico di pochi metri che segna la fine della ferrata Mario Minonzio. Ci si trova, improvvisamente, dall’ombra delle pareti Nord ed Ovest al Sole della Cresta Sud. Girando a sinistra, per evidente sentierino, in pochi metri si raggiunge la cima del Dente dei Campelli a 2173mt, maggiore elevazione del gruppo dello Zuccone Campelli.
Sulla cima, oltre alla croce, è presente una tavola delle montagne circostanti che permette di riconoscere tutte le cime che il panorama a 360° dello Zuccone Campelli offre a chi ci sale.
DISCESA
Per la discesa ci sono due possibilità, oltre, naturalmente, alla percorrenza a ritroso dell’itinerario appena fatto, ovvero per il Canalone dei Camosci, che permette di tornare rapidamente al rifugio Lecco, oppure per la via normale, che deposita in altrettanto breve tempo ai rifugi Cazzaniga-Merlin e Nicola.
Per ambedue le possibilità di discesa, occorre portarsi per evidente sentiero di cresta ad una anticima sulla quale è posto un ripetitore . Poco sotto la cima appena raggiunta, per sentierino, si scende ad un intaglio attrezzato che permette di risalire alla cresta ed all’evidente sentiero.
Pochi metri di catena e solo un piccolo passaggino in traversata che richiede un minimo di attenzione, ma per pochi secondi. Risaliti sulla cresta, in un paio di minuti si giunge all’anticima col ripetitore .
Per scendere nel Canalone dei Camosci, appena prima dell’Anticima, si nota una evidente traccia in direzione del Cristo delle Vette, posto su un’altra elevazione occidentale dello Zuccone.
PRIMA di arrivare al Cristo delle Vette, si nota a destra un canale franoso e ghiaioso con grossi blocchi instabili.
Lo si segue con molta attenzione, in un ambiente grandioso , cercando di smuovere meno sassi possibile, con una discesa spacca gambe che, dopo una ventina di duri minuti, porta su una zona ghiaiosa molto più semplice che permette di “scivolare” in tutta tranquillità fino al fondo del Vallone dei Camosci , da dove, in pochi minuti di camminata quasi in piano, si torna al rifugio Lecco.
Fare attenzione alle condizioni del Canalone: in presenza di neve (che può durare, data l’esposizione, fino a tarda primavera), potrebbe essere necessario l’uso di ramponi e piccozza.
Volendo scendere per la via normale, invece, raggiunta l’Anticima col ripetitore, si segue l’evidente e facile sentiero normale di discesa -a sinistra rispetto al senso di marcia- che, in poco tempo e senza pendenze rilevanti, in mezzo a prati e grossi massi pullulanti di marmotte ,deposita sul sentiero n.101 delle Orobie a poca distanza dai rifugi Cazzaniga-Merlini e Nicola.